Le origini del Banco di Napoli, istituto di credito di diritto pubblico, si fanno risalire alla fondazione del “Sacro Monte di Pietà” sorto a Napoli nel 1539; in realtà, sembra che siano più antiche: da studi recenti è emerso che progenitore del Banco di Napoli fu la “Casa Santa dell’Annunziata”, la cui cassa di depositi e prestiti eseguiva operazioni fin dal 1463. I “Monte di Pietà” furono istituiti da gruppi di benefattori aristocratici e benestanti per sottrarre i poveri dall’usura con prestiti su pegno senza interessi. La tradizione, comunque, vuole che il Banco di Napoli sia sorto dall’unione di otto istituti: il Sacro Monte di Pietà (1539), il Sacro Monte dei Poveri (1563), il Banco della Santissima Annunziata (1587), il Banco di Santa Maria del Popolo (1589), il Banco dello Spirito Santo (1590), il Banco di Sant’Eligio (1592), il Banco di San Giacomo e Vittoria (1597), il Banco del Santissimo Salvatore (1640).

Nel 1794 Ferdinando IV di Borbone riunì tutti i banchi pubblici nel “Banco Nazionale di Napoli”. Dopo successive soppressioni e fusioni attuate dal regime napoleonico di Gioacchino Murat, i banchi confluirono nel 1809 nel “Banco Nazionale delle Due Sicilie”. Con la proclamazione del Regno d’Italia, nel 1861, diventò “Banco di Napoli”. Lo stemma araldico, depositato ufficialmente nel 1905, rappresentava una sintesi iconografica di solo quattro degli antichi banchi pubblici napoletani, i cui stemmi sono visibili sui tagli dei libri contabili.

Nel primo quadrante in alto a sinistra è presente, sul fondo giallo e rosso, una croce al calvario posta su tre monti (Sacro Monte di Pietà); nel secondo quadrante azzurro, la colomba d’argento volante come simbolo dello Spirito Santo, raggiante d’oro dal becco e rovesciata (Banco dello Spirito Santo); nel terzo quadrante d’oro, la spada di San Jago rossa in forma di croce trifogliata, lunga ed appuntita, incrociata con due bastoni da pellegrino ed il tutto sormontato da una conchiglia (Banco di San Giacomo); nel quarto quadrante, in azzurro, la croce di calvario trifogliata d’oro con il monogramma JHS sopra tre monti verdi con la lettera M per “mons”, P per “pauperum”, ND per “nomine dei” (Monte dei Poveri del Sacro Nome di Dio). Su tutto campeggiava, in un ovale giallo e rosso, il monogramma BN con le lettere intrecciate.

Nel 1947 il marchio fu modificato con l’introduzione dello scudo di forma sannitica ed una fascia svolazzante recante la scritta “Banco di Napoli”; furono opportunamente riposizionati i quadranti, forse per motivi cromatici. Negli anni Settanta, in assenza di vincoli grafici forti, veniva utilizzato lo stemma assieme al logotipo composto con carattere egiziano, cioè con grazie squadrate e pesanti; talvolta veniva utilizzato il solo logotipo.

Nel 1989 il Banco di Napoli ha rinnovato la propria immagine a partire dal marchio che è apparso sì moderno e stilizzato ma che ha ripreso le caratteristiche araldiche del vecchio segno distintivo acquistando rinnovato vigore in un campo ovoidale definito da moduli contrapposti; il logotipo è composto col carattere Carla. Questo marchio del 1947 è utilizzato dall’Archivio Storico.

Nel 2003 la fusione del gruppo Sanpaolo nel gruppo Banca Intesa ha collocato il Banco di Napoli all’interno di un gruppo bancario di dimensioni più grandi a livello nazionale e internazionale; nel 2007 il Banco di Napoli ha ripreso la vecchia denominazione assieme ai tre archi colorati di un acquedotto, una struttura solida di pietra che simboleggia dinamismo e sviluppo, marchio del gruppo Intesa San Paolo.