La storia dell’azienda radiotelevisiva italiana, la cui presenza ha caratterizzato la vita e il costume del paese, deve necessariamente ricondursi alla nascita del servizio pubblico radiofonico nel 1924, data in cui si costituì a Roma la URI (Unione Radiofonica Italiana) derivante dalla fusione tra la Radiofono (Società italiana per le radiocomunicazioni circolari) e la SIRAC (Società italiana radio audizioni circolari). Dopo quella di URI, l’azienda assunse nel tempo altre denominazioni: nel 1927 EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche), nel 1944 RAI (Radio audizioni italiane) e nel 1954, con il regolare servizio televisivo, “RAI Radiotelevisione italiana”. Il primo marchio RAI fu disegnato nel 1948 da Erberto Carboni; era caratterizzato dalle lettere fortemente squadrate e da un accentuato ricorso alle linee ortogonali, secondo le tendenze grafiche dell’epoca.
Carboni studiò, oltre al marchio ed alle sue applicazioni sulle pagine pubblicitarie, anche le prime sigle televisive; suo è anche il marchio “TV” del 1953.
Il secondo marchio fu realizzato nel 1970 da Alberto Ribera, responsabile interno della grafica aziendale Rai; il segno grafico presentava lettere minuscole, in parte ancora fortemente squadrate, con linee curve particolarmente enfatizzate nel robusto pallino della “i” uguale a quello dei ganci della “r” e della “a”. Con le trasmissioni televisive a colori nel 1977, il marchio assunse il tris di colori (rosso, verde e blu) della luce del tubo catodico.
Con l’inaugurazione nel 1979 della Terza Rete a diffusione sia nazionale che regionale, si rese necessario lo studio di un nuovo marchio che potesse essere declinato, per denotare la diversificazione tra loro, in RaiUno, RaiDue e RaiTre. Nel 1983 Giorgio Macchi disegnò il nuovo marchio che fu caratterizzato dalle tre lettere arrotondate maiuscole, unite tra loro, e dai tre simboli che identificavano le tre reti: sfera blu per RaiUno, cubo rosso per RaiDue e tetraedro verde per RaiTre.
La concorrenza dei network privati e le tecniche sempre più avanzate di animazione computerizzata indussero nel 1988 i responsabili Rai a richiedere allo stesso Giorgio Macchi un restyling del marchio. Le lettere del marchio Rai furono separate al fine di facilitarne la rotazione e agevolarne l’effetto tridimensionale; fu introdotta anche la bandiera italiana. Il tipo di carattere fu ridisegnato rispetto a quello del marchio precedente ma senza alterarne la percezione visiva complessiva; in particolare, le lettere presentavano arrotondamenti solo in due punti, diagonalmente opposti, per ciascuna lettera. Il risultato, rispetto alla versione precedente, era quello di una maggiore solidità, leggibilità e modernità.
Nel 2000, in relazione ai nuovi scenari della comunicazione interattiva, la Rai ha adottato un nuovo marchio realizzato da Area Strategic: mediante l’illusione ottica della figura-sfondo una farfalla, costituita da due elementi uguali ed opposti, si alterna a due profili umani che si guardano e comunicano immediatamente. Il lettering ha riportato la dicitura Rai capitalizzata e composta in Futura.
Nel 2010, in corrispondenza del passaggio al digitale terrestre, la Rai uniforma i marchi utilizzando un rettangolo composto da due quadrati: nel primo di colore blu appare l’acronimo in bianco mentre nel secondo il nome del canale in cifre. Il font usato è Aharoni, variante del Futura. I marchi sono bianchi semitrasparenti per evitare che si verifichi l’effetto sovraimpressione sui televisori al plasma ed hanno struttura rettangolare per adattarsi al formato 16:9.
Per coordinare tutta l’offerta visiva, nel 2018 la Rai ha affidato il restyling del marchio all’agenzia Flopicco di Roma. Il restyling è nato dall’esigenza di rendere più funzionale il lettering nel suo complesso senza perdere la riconoscibilità generata dal marchio precedente del 2010. L’intervento grafico ha interessato la riduzione della distanza tra la lettera “R” e la “a” pari alla larghezza della lettera “i” così da far risultare compatta ed equilibrata la parola Rai conferendo al marchio una maggiore solidità e forza.